Ci siamo evoluti come organismi ultra-sociali
La biologia umana si è formata in un ambiente in cui l’isolamento semplicemente non esisteva.
Per quasi tutta la storia evolutiva, i nostri antenati hanno vissuto in piccoli gruppi cooperativi, condividendo risorse, protezione e una costante vicinanza fisica.
Sicurezza, sonno, cibo e sopravvivenza erano tutti interdipendenti.
Per questo motivo, la nostra risposta allo stress, la segnalazione immunitaria e i circuiti di ricompensa si sono sviluppati sulla base di un unico presupposto: La connessione è lo stato di default.
Quando il cervello percepisce l’isolamento sociale, anche in forme sottili, attiva risposte di minaccia pensate per le condizioni di emergenza:
cortisolo più alto, aumento del tono infiammatorio, riduzione dell’attività parasimpatica, alterazione dell’architettura del sonno e spostamento verso comportamenti basati sulla sopravvivenza.
Dal punto di vista biologico, l’isolamento è un pericolo.
La connessione è sicurezza.
L’esperimento che ha cambiato il nostro modo di pensare al comportamento
Un esperimento storico, spesso chiamato Rat Park, ha illustrato questo aspetto in modo efficace, non perché i ratti imitano gli esseri umani, ma perché la biologia sottostante è conservata in tutti i mammiferi.
I ricercatori hanno collocato i topi da soli in piccole gabbie vuote.
Hanno avuto accesso a due bottiglie: acqua normale e acqua infusa di droga (morfina).
I ratti isolati hanno scelto ripetutamente la soluzione farmacologica, spesso fino a un grave declino della salute o alla morte.
La loro biologia, privata di connessioni e stimoli, li spingeva verso comportamenti compulsivi e autodistruttivi.
Cosa è successo quando hanno aggiunto la comunità
In una seconda fase, i ricercatori hanno ricreato la configurazione, ma questa volta hanno alloggiato i topi in un ambiente ampio e arricchito con altri topi, spazio fisico, giocattoli e una costante interazione sociale.
I risultati si sono invertiti:
